“Da quando sono iniziati gli scontri a Gerusalemme, alla porta di Damasco e alla spianata delle moschee, la protesta e la violenza si è scatenata, tra la popolazione, sino ad avere più di 200 focolai di rivolta tra città e villaggi in tutto il Paese. Stiamo assistendo inermi ad una violenza uomo contro uomo inaudita, una violenza che sta esplodendo con tutta la rabbia da entrambe le parti, giovani israeliani e giovani arabi, forse ereditata dal grande fallimento delle risoluzioni applicate nel 1967 e dall’indifferenza della comunità internazionale di trovare una soluzione per il conflitto tra Israele e Palestina, che sembra ormai arrivato ad un tragico bivio: siamo sull’orlo di una guerra civile”.
Case e famiglie distrutte
“Dalle notizie che ascolto dai telegiornali, tante volte trapela una scarsa conoscenza del territorio, e della popolazione che ci vive. È scoppiato l’ennesimo conflitto in Medio Oriente con tutta la sua inaudita violenza dei bombordamenti tra Gaza e Israele. Assistiamo alla distruzione di case, le famiglie sono costrette ad abbandonare tutto. I feriti e i morti sono molti da entrambe le parti e in contemporanea scoppia una guerra fatta di parole e notizie, che impatta in maniera altrettanto grave sulla vita delle persone che stanno vivendo questa tragedia”.
Il mosaico della popolazione
“Per capire il Medioriente e cosa sta accadendo – spiega padre Ibrahim Faltas - occorre avere una conoscenza della storia locale. Ad esempio in Israele, insieme ai cittadini israeliani e ai coloni che possono essere ebrei o laici, vivono gli arabi israeliani del ‘48, che possono essere cristiani o musulmani, ma tutti sono cittadini israeliani con passaporto israeliano. In Cisgiordania vivono i palestinesi, possono essere cristiani o musulmani e hanno un passaporto palestinese. A Gerusalemme, oltre ai cittadini israeliani, vivono i palestinesi, che non hanno nessun passaporto: possono avere una carta d’identità di Gerusalemme, se sono arabi del “67, oppure un lasciapassare. Questo è il mosaico di una popolazione che vive nello stesso territorio, ma che non ha gli stessi diritti”.
Auto bruciate e linciaggi
“Cosa sta accadendo ad Haifa, Nazareth, Ramle, Lod, Cana, Askelon, Tel Aviv e a Nablus, Bethlemme, Jenin, Betania, Hebron e in tante altre città? È scoppiata una guerriglia, un inferno: auto bruciate, linciaggi, incendi alle abitazioni, alle sinagoghe, ai luoghi di culto, il lancio di sassi sulle auto di passaggio, causando molti morti e feriti gravi. Una vera guerra tra coloni ebrei e arabi israeliani, nelle città israeliane. Lo stesso avviene nelle zone occupate della Cisgiordania. La strada è diventata il teatro di una guerra a colpi di bastoni e di sassi, mentre veniamo informati dettagliatamente delle strategie di guerra tra Hamas e Israele, che hanno già fatto molte vittime, non ci si sta rendendo conto del pericolo che il Paese sta correndo”.
“Fermare la violenza”
“La gente ha paura a uscire di casa, per timore di subire violenze, perché se sei arabo, o se sei ebreo, rischi anche di morire. Non è una guerra solo tra Israele e Hamas, come è stato nelle precedenti Intifada tra Israele e Cisgiordania, dove le parti possono decidere di cessare il fuoco e trovare un accordo. Qui siamo di fronte a una popolazione inferocita, da entrambe le parti, che sta cercando di farsi giustizia da sola e dove non c’è nessun interlocutore. Faccio un appello a tutti i capi di stato perché facciano cessare il fuoco tra Hamas e Israele e intervengano con rapidità a riportare l’ordine nelle strade e nella popolazione ormai sfiduciata da lunghi anni di conflitto. La violenza genera violenza, tutti dobbiamo fermarla”.