L’amicizia che da tanti anni mi lega al patriarca di Gerusalemme, il neo cardinale Pierbattista Pizzaballa, mi ha consentito di incontrarci ieri, 8 ottobre, nella sua casa di famiglia a Castelliteggio, frazione di Cologno al Serio. Durante la nostra conversazione, che ha rivelato il volto molto rattristato e preoccupato del cardinale, anche per alcune fotografie mandategli da Gerusalemme, con tanti giovani decapitati, sono emersi i seguenti punti che voglio condividere coi lettori.
Hamas e Hezbollah
Punto primo. Hamas, braccio armato della rivoluzione palestinese, di stanza soprattutto a Gaza, provincia che contiene due milioni di abitanti, di cui solo tre mila cristiani, di tutte le varie confessioni, ha come statuto principale la distruzione dello stato di Israele. Certamente è molto sostenuta dall’Iran, dal Qatar e da Hezbollah, che vivono a sud del Libano e pertanto a nord di Israele. Perché solo l’appoggio di questi stati consente di avere la disponibilità di missili sparati su tutto il territorio israeliano. Un ulteriore motivo di questa violenza sta anche negli accordi di Abramo, idea di Trump, già stabiliti con gli Emirati Arabi, Dubai e il Marocco e che ora stanno per essere perfezionati anche con l’Arabia Saudita, sunnita contro gli sciiti iraniani.
La festa Sukkot
Punto secondo. Questa manifestazione non è nata né per caso né nell’immediatezza, ma è stata pensata per lo meno dall’estate per colpire soprattutto Israele in un momento di festa, dove anche i controlli dello Shin Bet sono minori, in quanto gli abitanti dei kibbutz vicini alla striscia non soltanto festeggiavano il sabato, ma anche l’ultimo giorno della festa Sukkot, memoria delle capanne o tende nelle quali gli ebrei erano vissuti per 40 anni prima di entrare nella terra promessa. Festa anche per i giovani, con musica e danze, nel deserto che precede quei territori. Si ricorda anche per questa circostanza festosa, il 9 ottobre 1982 è stato ucciso il bambino Stefano, mentre con la famiglia usciva dalla Sinagoga di Roma. Questa festività spiega anche la presenza di tanti giovani studenti, non ebrei, che stanno perfezionando studi di carattere agricolo con giovani israeliani, residenti nei vari kibbutz.
Atto di guerra
Terzo punto. Per il patriarca, questa è guerra e non operazione militare, guerra destinata a lungo. La gravità non è data soltanto dalle morti, ma dal centinaio di ostaggi presi da Hamas, ragazzi, bambini e anziani (compresa una donna di 85 anni), o presi nel deserto o addirittura rapiti nelle loro case, la cui sorte resta nel più oscuro incognito. Quale sarà il prezzo del riscatto? In quale modalità ci sarà un ricatto? Operazioni molto lunghe e delicate. Se pensiamo che un soldato israeliano rapito da Hamas tempo fa è stato riconsegnato alla famiglia solo dopo 5 anni, con lo scambio di parecchi prigionieri palestinesi incarcerati in Israele.
Il rientro a Gerusalemme
Essendo il cardinale Pizzaballa vescovo oltre che di Israele anche della Palestina, della Giordania e di Cipro, ha potuto lasciare l’Italia già stamattina, 9 ottobre, con un volo su Amman, perché è molto incerta la situazione dell’aeroporto di Tel Aviv, costantemente minacciato dall’invio di missili. Avrebbe voluto poter trascorrere qualche ora in più a casa, in compagnia della madre molto anziana, ma il cuore ferito l’ha spinto a decidersi per un ritorno veloce presso la sua gente, nella sede patriarcale nella Gerusalemme vecchia