06-01-2017 ore 14:09 | Cronaca - Betlemme
di don Emilio Lingiardi

Betlemme, tra rassegnazione e speranza. Giovani preparati culturalmente ma senza prospettive di lavoro. L'esempio di Paolo VI

La permanenza a Betlemme nei giorni successivi al Natale, per un corso all’università sulle prospettive della donna oggi, con chiari riferimenti alle sacre scritture, mi ha portato a respirare l’atmosfera che si vive in Palestina. I palestinesi sono ormai stanchi e rassegnati, sfiduciati circa la sorte del loro paese perché più nessuno parla dei due popoli in due Stati con tre religioni: ebraica, cristiana e islamica. Questa situazione di stallo, che dura ormai da tempo ha consentito al governo di Israele di moltiplicare gli insediamenti, che ormai sono arrivati alla periferia del campo dei pastori in Betlemme.

 

Il futuro dei giovani

I palestinesi sono circa 3 milioni, ma nel loro territorio hanno pure la presenza di 650 mila ebrei, religiosi o di stretta osservanza. I giovani sono ancora tenacemente legati alla cultura e agli studi, pure di livello universitario, dove il 60% degli studenti sono donne ma una volta ottenuta la laurea non trovando posto di lavoro nel loro paese, sono costretti ad emigrare, soprattutto in America e in Australia dove li hanno già preceduti i loro parenti. Questo fenomeno priva il territorio delle menti più competenti che potrebbero in un domani avere posti di responsabilità negli organismi statali.

 

Verso la radicalizzazione

È impressionante vedere il numero elevato, anche a Gerusalemme, di ragazze con il velo e di giovani con la barba, attratti dal radicalismo che se ancora non ha portato a gesti estremi di terrorismo, ha la sua attrattiva notevole ed efficace. I cristiani sono rimasti meno dell’1% e le loro case lasciate per l’emigrazione, sono normalmente acquistate dai musulmani che, coi soldi dei paesi del Golfo possono permettersi questa operazione che porta sempre più all’islamizzazione del territorio. La chiesa è sempre molto vivace, anche se ridotta a piccolo gregge, per la promozione culturale con scuole di tutti i tipi e gradi e con tante opere di carattere sanitario assistenziale aperte a tutta la popolazione che anche se lavora, non ha nessuna assistenza medica o pensionistica.

 

L’esempio di Paolo VI

Queste opere rendono certamente la chiesa bisognosa di aiuti finanziari da tutto il mondo nonostante la difficoltà creata dalla crisi e dal numero ridotto di pellegrini o di turisti che oltretutto hanno tenuto vive le famiglie che lavorano nell’artigianato tipico sia dell’ulivo come della madreperla. È molto ricercata dai giovani l’università che Paolo VI il 6 gennaio 1964 ha donato a Betlemme durante il suo primo pellegrinaggio in Terra santa.

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