È stata un’esperienza unica, intensa ed emozionante, quella che hanno vissuto un gruppo di alunni dell’istituto Sraffa, guidati dai docenti di religione Elena Prestini e Antonio Armensi. Particolarmente significativa anche per la meta: la casa circondariale di Cremona. L’esperienza si inserisce in un percorso più ampio di preparazione e approfondimento sulle tematiche relative alla condizione carceraria dei detenuti, ed in un’ottica più generale, sulle problematiche relative al vissuto personale di giovani che nel corso delle loro vita hanno commesso qualche sbaglio. Argomenti sviluppati nell’ambito del progetto dialoghi con il carcere, che si è concluso proprio con la visita al carcere di Cremona, ripetendo quanto già accaduto lo scorso anno, grazie alla disponibilità della direzione dello stesso istituto di pena.
I commenti degli studenti
“Quando ho deciso di partecipare alla visita al carcere – racconta Patrizia Mandelli, studentessa del corso socio sanitario – non sapevo cosa aspettarmi di preciso, sicuramente sapevo che avrei provato forti emozioni, ma non avevo ben chiaro quali e, pur sapendo che io ne sarei uscita, una forte sensazione di oppressione mi si è presentata”. Ed è in questi momenti che si apprezza tutto ciò che si ha quotidianamente, quando ciò che facciamo normalmente non può più essere fatto e vissuto, in quanto privati della propria libertà.
Timidezza e paura
Nel momento in cui le persone rinchiuse nella casa circondariale cremonese sono entrate nel teatro interno, luogo dell’incontro con i giovani studenti cremaschi, “nei loro visi abbiamo visto un mix di timidezza e paura ed i loro volti assomigliavano a tutte quelle persone che quotidianamente si possono incontrare per strada, in autobus, sul treno. Forse, anche a causa delle immagini stereotipate che passano alla tv, ci si aspettava di trovare persone con facce da cattivi. Invece non è stato così”.
Reinserimento nella società
Al termine dell’incontro, molti ragazzi hanno osservato che questo tipo di esperienze favoriscono la riflessione e aprono la mente, a tal punto che diverse ragazze prossime al completamento del loro percorso di studio nel settore socio-sanitario hanno espresso il desiderio di orientarsi verso l’iscrizione in un percorso universitario che possa favorire l’inserimento lavorativo a contatto con gli utenti delle case circondariali, per poterli seguire nel loro cammino di reinserimento nella società.