La Camera penale della Lombardia orientale, che comprende le province di Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova, ha indetto lo stato di agitazione a seguito dei continui suicidi che avvengono nelle carceri italiane. Da gennaio 2024 ad oggi, 100 persone detenute si sono tolte la vita. L’ultimo episodio a Vigevano, dove una persona era in carcere per una rapina di 50 euro risarciti alla persona offesa. A ciò si sommano i gesti di autolesionismo che quotidianamente si verificano in tutti gli istituti penitenziari e i suicidi di sei agenti di polizia penitenziaria.
Il sovraffollamento degli istituti
“Lo spaventoso aumento di questi tragici episodi – spiega il direttivo - è ascrivibile a molti fattori tra i quali spiccano la grave, endemica e costante situazione di sovraffollamento degli istituti e le croniche carenze strutturali e di personale, di ciò sono esempio le carceri del distretto della Corte d’Appello di Brescia con indici al di sopra del 200 %. Nonostante le numerose iniziative delle camere penali e di Ucpi, non ultima l’astensione dello scorso 10, 11 e 12 luglio, non si profilano cambiamenti di rotta nella politica nazionale che superino la visione carcerocentrica della pena e mettano al centro dell’attenzione la vita e la salute dei cittadini, ancorché detenuti. La frequenza con la quale si verificano suicidi ed episodi di autolesionismo, le condizioni di vita in carcere, l’alto uso di psicofarmaci e sedativi, l’assenza di lavoro e attività risocializzanti, la cronica mancanza di educatori, medici, psichiatri e agenti, danno atto di un sistema penitenziario non più rispondente al principio costituzionale di cui all’art. 27 per cui le pene non possano consistere in trattamenti degradanti e contrari al senso di umanità”.
Sottovalutazione del problema
“La politica si è dimostrata sorda ai costanti richiami fatti dalla società civile, dalle associazioni, dall’Unione delle Camere penali, dal Presidente della Repubblica e persino e ripetutamente, dal Papa; tutti hanno stigmatizzato e richiamato la politica e il Governo sulle condizioni inammissibili di esecuzione delle pene ma nulla è stato fatto. I recenti interventi normativi ed in particolare il Decreto 92 del luglio scorso, al di là della dichiarata intenzione di adottare “misure urgenti in materia penitenziaria”, non hanno sortito alcun risultato concreto in ordine alle condizioni degradanti in cui versano le persone detenute. A prescindere dai proclami, nessuna reale soluzione è stata prospettata, circostanza che, nella migliore delle ipotesi, è dovuta a una sottovalutazione del problema e nella peggiore, ad una totale assenza di volontà politica di porvi rimedio. Ciò che tragicamente accade ogni giorno negli istituti penitenziari del nostro Paese sta diventando una abitudine. Noi non ci rassegniamo e chiediamo con forza di tutelare la vita e la dignità delle persone detenute con strumenti previsti dal nostro ordinamento che sono l’unica concreta soluzione possibile per riportare la pena alla legalità. Amnistia, indulto e liberazione anticipata speciale devono essere adottate subito, qui e ora. Per questi motivi abbiamo indetto lo stato di agitazione”.