02-12-2024 ore 11:53 | Cronaca - Dalla provincia
di Riccardo Cremonesi

Gdf Bari, sequestro preventivo per 400 mila euro: coinvolta anche la provincia di Cremona

I finanzieri del Comando provinciale di Bari stanno dando esecuzione, nelle province di Bari, Torino, Cremona e Lodi, a un decreto di sequestro preventivo di beni, per un valore complessivo di circa 400 mila euro, emesso dal Gip su richiesta di questa Procura della Repubblica. Le persone destinatarie del provvedimento cautelare sono accusate, in concorso tra loro e a vario titolo, di peculato, falso ideologico, ricettazione, riciclaggio, reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio.

 

L'indagine

L’operazione costituisce l’epilogo di un'indagine che ha permesso di svelare un rilevante utilizzo di denaro pubblico per fini esclusivamente personali da parte del dirigente generale ad interim e dirigente amministrativo pro-tempore, poi deceduto, dell’Agenzia regionale del Turismo della Regione Puglia. Gli approfondimenti condotti dai finanzieri avrebbero consentito di acquisire rilevanti elementi di riscontro in merito al massivo e anomalo utilizzo di una carta di credito ricaricabile assegnata, per ragioni di ufficio, al dirigente pubblico. In particolare, la ricostruzione delle operazioni finanziarie ha consentito di accertare le modalità con le quali il denaro pubblico, con il concorso dell’allora responsabile dell’Ufficio pagamenti, sarebbe stato “dirottato” da un conto di tesoreria per eseguire ricariche su una carta di credito e, successivamente, utilizzato per effettuare innumerevoli prelevamenti di denaro contante e sostenere spese di qualsiasi natura, disattendendo quanto previsto dal regolamento di contabilità e amministrativo dell’Agenzia e senza osservare alcuna procedura di verifica o rendicontazione della spesa.

 

Utilizzo di denaro pubblico per fini personali

Come spiegano gli inquirenti, “l’esame degli estratti conto della carta di credito ha consentito di rilevare che le causali non facevano riferimento a determinazioni del Direttore generale di liquidazione, come previsto, bensì a determine di impegno, che non avrebbero dato titolo per disporre pagamenti di somme e il cui richiamo, quindi, avrebbe rappresentato solo un espediente per dare una parvenza di regolarità al trasferimento dei fondi dal conto di tesoreria. Gli oltre 160 mandati di pagamento oggetto d’indagine recavano le causali più varie, quali ad esempio: fondo cassa, rimborso spese, compenso al direttore, premi assicurativi, traslochi, contributi a carico del personale, versamento per conto terzi ma, una volta accreditate, le relative provviste sarebbero state destinate ad altri utilizzi, evidenziando una palese mancanza di collegamento tra le varie prestazioni oggetto di pagamento e le funzioni pubbliche istituzionali. Inesistenti qualsiasi documento giustificativo delle spese sostenute e l’assenza, negli archivi informatici dell’Ente, dei necessari riscontri attestanti gli avvenuti pagamenti in conformità ai mandati in argomento”.

 

Il sequestro preventivo

“Le condotte illecite – concludono i finanzieri - sarebbero quindi da inquadrare in un vero e proprio “metodo” adottato per anni, dal 2017 al 2021, dai due citati dipendenti pubblici, attraverso cui gli stessi avrebbero sistematicamente distratto denaro pubblico, di cui avevano il possesso per motivi inerenti al proprio ufficio, appropriandosene per finalità di natura esclusivamente personale. I riscontri investigativi hanno anche individuato molteplici trasferimenti di fondi a favore dei familiari del principale indagato (come detto poi deceduto), i quali, nella consapevolezza della provenienza illecita del denaro, avrebbero contribuito a “ripulire” le somme a loro accreditate, nonché a “reimpiegare” i beni strumentali acquistati con i soldi pubblici nell’attività di ristorazione. Considerato l’elevato valore indiziario degli elementi acquisiti il Gip, su richiesta della Procura, ha quindi emesso l’odierno decreto di sequestro preventivo, da eseguirsi anche per equivalente, per un valore complessivo di circa 400 mila euro quale profitto dei reati contestati”.

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