Alla fine del ‘700 Venezia dominava il territorio cremasco, uno degli ultimi baluardi della terraferma. Oltre al commercio e alle attività manifatturiere, l’agricoltura stava alla base del sostentamento di tante famiglie. Nella campagna intorno a Crema la vita si svolgeva con ritmo cadenzato, mentre il susseguirsi delle stagioni scandiva i tempi della semina e del raccolto. Ma la stagione del piccolo Stefano era già scritta negli astri, una stagione lunghissima, destinata a non finire mai.
Bambino schivo ed appartato
Alla cascina Torchio di Casaletto Vaprio, dove viveva la famiglia Pavesi, quel bambino schivo ed appartato, inconsapevole della sua genialità, suscitava nei genitori, Rosa e Giambattista, molti interrogativi. Osservando in momenti diversi quel bambino tanto particolare, tanto interessato alla musica, essi coltivavano in gran segreto e nel profondo del loro cuore il desiderio di vederlo un giorno, con l’aiuto del Signore, organista nella chiesetta di Casaletto, un’attività che forse gli avrebbe permesso quel poco per vivere.
I primi studi
Fu così che, con grande sacrificio, i genitori di Stefano non fecero mancare al bambino l’opportunità di frequentare le scuole a Crema. Lasciò quindi giovanissimo la casa di Casaletto, i genitori e l’amata sorella Cecilia alla quale sempre dedicò molto affetto. Stando a Crema, città musicale per eccellenza, il ragazzo trovò chi gli insegnò le prime nozioni sull’uso di alcuni strumenti musicali.
Cenni autobiografici
Di questo periodo non si hanno grandi notizie. Stefano Pavesi aveva “disistima nei confronti del proprio merito ” così afferma il Meneghezzi nel giugno 1851 su L’Italia musicale, giornale dei teatri, di letteratura, belle arti e varietà e per questo motivo non ritenne mai necessario dare precise informazioni sulla propria vita. Solo nel 1835, sollecitato dall’amico Sanseverino, con riferimenti piuttosto vaghi, Stefano Pavesi scrisse i suoi Cenni autobiografici nei quali veniamo a conoscenza che all’età di sei anni i primi studi musicali furono sulla spinetta e che successivamente prese lezioni da eccellenti organisti.
L’incontro con Tadini
Ma l’incontro determinante si verificò sempre a Crema con il grande e celebre maestro Giuseppe Gazzaniga con il quale Stefano Pavesi accrebbe ed approfondì la formazione musicale. Completò la fortunata esperienza l’incontro con il generoso mecenate conte Luigi Tadini di Crema (nella foto a destra), grazie al quale partì per Napoli dove ebbe maestro di composizione il sommo Niccolò Piccinni e, successivamente Fedele Fenaroli al conservatorio di Sant’Onofrio. Siamo nel 1798 quando il giovane Stefano Pavesi si reca a Napoli lasciando Crema, ormai divenuta parte della Repubblica Cisalpina di Napoleone, un territorio inneggiante alle idee illuministe e alle nuove richieste di libertà nei confronti dei governi assoluti e codini. A Roma, nel marzo 1798 era stata promulgata la Repubblica Romana con la cacciata del Pontefice Pio VI mentre a Napoli dominavano ancora i Borboni, ma questa situazione storica era destinata a mutare in breve tempo. Nel gennaio 1799 a Napoli si verificano gli eventi che determinano l’espulsione di Ferdinando I di Borbone Re delle Due Sicilie e la proclamazione della Repubblica Napoletana.
Il ritorno del re
Tuttavia accadde che, con un colpo di mano, i Borboni, nel giugno dello stesso anno, ritornarono sul trono. Pavesi, ragazzo aspirante ad una tranquilla creatività, alunno del Conservatorio, in quanto allievo cisalpino proveniente da un territorio rivoluzionario, viene maldestramente consegnato dal rettore della scuola alla fazione dei conservatori secondo una macchinazione che aveva lo scopo di fare cosa gradita al governo. Con lui sono altri suoi compagni di corso. Sballottato da una prigione all’altra, espulso dal Regno delle Due Sicilie, viene deportato in Francia, prima a Marsiglia e poi a Digione. Qui viene immediatamente arruolato nell’esercito napoleonico.
Deportazione in Francia
Fortunatamente viene assegnato alla banda dell’esercito, un ruolo a lui consono. Incontra altri musicisti, per la maggior parte italiani, compresi i cantanti per i quali Pavesi, pur trovandosi in una situazione scomoda, compone melodie. Spesso, tutti insieme, si esibiscono in concerti nelle città dove le truppe napoleoniche stanziano di volta in volta. Arriviamo al giugno 1800 e alla storica battaglia di Marengo. La vittoria dell’esercito francese ebbe l’effetto di consolidare politicamente in Francia il prestigio del primo console Bonaparte e in Italia di riconfermare il predominio francese. Ma la vita militare alla quale il musicista ebbe l’accidentale occasione di partecipare, non era adatta alla sua indole creativa. Stefano Pavesi (nella foto a sinistra), allora ventunenne, rientra in famiglia e, ripresosi dalle fatiche delle campagne napoleoniche, si trasferisce a Venezia, nel frattempo divenuta parte, dopo il trattato di Campoformio, della provincia Veneta dell’Austria. Quindi cambia Stato e cambia anche situazione politica, a dimostrazione della grande instabilità sociale che influenzò le vite degli artisti dell’epoca.
Stagioni creative
A Venezia il contesto storico-politico si dimostrò più stabile e la città rimase sempre il centro dell’attività musicale del compositore, nonché la porta di ingresso e di confronto verso realtà più vaste. Ma il dono più grande che la città offrì al musicista fu il suo rinnovato incontro con il grande compositore amico Giuseppe Gazzaniga che a Venezia esercitava la sua arte. Per Pavesi a Venezia inizia una stagione molto creativa espressa dalle tante opere che qui furono composte.
Dopo il Congresso di Vienna
I tempi corrono veloci e, nel 1815, dopo il Congresso di Vienna e la creazione del Regno Lombardo-Veneto, per Stefano Pavesi (nella foto) si riapre l’opportunità di rientrare a Crema. Qui maestro di Cappella della Cattedrale era proprio il caro amico compositore Giuseppe Gazzaniga, con il quale Pavesi condivide il ruolo prestigioso, pur permettendosi altri soggiorni a Venezia. Nel 1818, alla morte del maestro Gazzaniga, Pavesi gli succede nel ruolo unico di maestro di Cappella della Cattedrale di Crema.
La successione a Salieri
Nell’ambito della vasta realtà dell’Impero Austro Ungarico per il maestro Pavesi si prospettò un ruolo d’eccezione, quello di succedere ad Antonio Salieri come direttore dell’opera italiana a Vienna dal 1820 al 1826. Morì nel 1850. La sua musica è fonte di un repertorio vastissimo, ben sessantasei opere. Si può parlare di compositore da “interregno” tra il melodramma italiano e la nuova musica rossiniana. Le sue opere rivelano a tratti un’energica ispirazione e furono accolte con successo. Sarà poi lo stesso Rossini ad ispirarsi al Pavesi e l’opera del Pavesi Ser Marcantonio (1810) fu rappresentata alla Scala ben cinquantaquattro volte, ispirando poi il Don Pasquale di Donizetti. Oggi i libretti delle sue opere e la grande produzione musicale fanno parte delle classificazioni e collezioni più importanti nel mondo, dalla Oxford University Press all’Harvard Theatre Collection.
Le fonti
Joseph Fétis, Etienne Pavesi, Biographie universelle des musiciens et bibliographie géneralé de la musique, vol. 6, Parigi, 1866 – 1868. Elena Mariani, Crema vista da lontano: nostalgie, musiche, lettere di compositori. Cremaschi “altrove”, Insula Fulcheria. F. Meneghezzi, articolo su L’Italia musicale, giornale dei teatri, di letteratura, belle arti (1851). Francesco Sforza Benvenuti, Storia di Crema, volume II.