Impossibile non confrontare le due epoche con un pizzico d'ingenua malinconia, non solo perché la crisi attuale pare lontana da una risoluzione e la qualità di vita odierna non è paragonabile a quella di allora, ma anche e soprattutto perché oggi è stata anestetizzata la forza propulsiva e travolgente dei giovani, che al contrario dovrebbe essere alimentata, coordinata ed incanalata da chi ha l'esperienza per mettere a frutto sogni e necessità.
Impresa e sopravvivenza
Guardando le immagini del documentario Rai del 1958 - che ultimamente sta prendendo piede tra i social network nostrani - alla Crema attuale sembra mancare una prospettiva comune, la possibilità di procedere ad investimenti a lungo termine e la possibilità di superare difficoltà strutturali con l'aiuto e la promozione di Stato e Regione. Come ripetono ad ogni occasione gli imprenditori, nella speranza che prima o poi qualcuno li ascolti e abbassi la tassazione ed il costo dell'energia, fare impresa fa quasi rima con follia, mentre i dipendenti si vedono costretti a subire sulla propria pelle una terribile trasformazione: dalla dignità che offriva il lavoro alla lotta per la quotidiana sopravvivenza.
Annosa questione
Crema in declino? Il dibattito in città e nel territorio torna ciclicamente sin dai primordi della stampa in riva al Serio, sin dal 1860, quando l'Amico del Popolo, capeggiato dallo storico Sforza Benvenuti, chiede a gran voce la costruzione di una nuova linea Cremona-Crema-Treviglio, auspica la libera concorrenza in economia e chiede ai benestanti cremaschi di partecipare al finanziamento di uno stabilimento "per la preparazione, lavorazione, filatura, torcitura di lino e canape, con fabbrica di carta".
Le riforme in poltrona
Il Governo viene accusato di "far le riforme in poltrona", senza porre attenzione alle peculiarità territoriali, al punto che qualche anno dopo, ecco cosa scrive il Corriere di Crema; è il 6 aprile del 1878. "Essi (i giornali locali, ndr) espongono vivamente i reclami delle popolazioni e invocano provvedimenti efficaci; ma la loro voce cade nel deserto imperocché i nostri uomini di Stato, parlando in generale, non si preoccupano pressoché mai delle vere condizioni e delle sofferenze delle classi lavoratrici, senza avvedersi che la marea monta ad ogni lato e si fa di più minacciosa. Essi non si accorgono che le questioni che agitano fra noi le classi inferiori del civile consorzio sono questioni economico-sociali. Sono questioni, infine, di lavoro e di pane".